STIMA DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO NELLA PROVINCIA GENOVA

 

SINTESI DELLO STUDIO

                L’Osservatorio dei rischi idrogeologici della Provincia di Genova assolve i compiti di prevenzione che vengono assegnati all’Amministrazione provinciale in materia di protezione civile. La struttura è operante dal 1993 ed ha censito fino ad oggi circa 1100 eventi franosi e alluvionali, sia storici, che recenti ed attuali. Tali dati sono ricavati sia da un’analisi su atti di vari enti, sia dalla rilevazione diretta sul terreno. Le informazioni sono  attualmente disponibili in forma di foglio elettronico e relativa cartografia, mentre è in corso una loro ristrutturazione e riorganizzazione in data-base, in vista di un collegamento ad un sistema informativo territoriale.

                Altri 500 eventi, ricavati da ulteriori rilievi, dagli studi sui Piani di Bacino, dalle risposte dei Comuni ex lege 45/1994 e da quelli segnalati in varia forma all’Osservatorio R.I., sono in corso di inserimento. L’aggiornamento avviene di continuo secondo una procedura codificata.

                I dati raccolti costituiscono la base per la definizione di una mappa del rischio idrogeologico della Provincia di Genova secondo la seguente formulazione schematica (vedi, ad es., Panizza, 1988):

 

RISCHIO IDROGEOLOGICO=PERICOLOSITA’ IDROGEOLOGICA X VULNERABILITA’ TERRITORIALE

 

                dove

                la pericolosità è la probabilità che un evento si verifichi in una data area, in un dato periodo di tempo, con una determinata intensità, secondo una certa tipologia ed evoluzione;

                la vulnerabilità quantifica gli elementi a rischio su cui l’evento pericoloso può determinare delle perdite sociali od economiche e, quindi, genericamente definisce il danno che essi possono subire.

 

                Tale formulazione è analoga a quella ormai consolidata in materia di rischio sismico ed in vario modo confermata da numerosi autori come deducibile dal lavoro di revisione di Canuti e Casagli (1994) del Gruppo Nazionale Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche del C.N.R, sulla valutazione del rischio di frana.

                Riferendosi a quest’ultima analisi è possibile utilizzare gli eventi censiti attraverso l’Osservatorio, a condizione che il loro aggiornamento sia continuo ed integrato dalla descrizione delle principali caratteristiche geologiche del territorio.

                Occorrerà innanzitutto separare gli effetti (ad es. le frane avvenute) dalle cause (ad es., l’acclività): fra queste occorrerà distinguere, ad esempio, i parametri litologici da quelli tettonici, morfologici, idrogeologici, meteorologici, connessi all’uso del suolo ed antropici.

                Successivamente si procederà alla stima della pericolosità spaziale (probabilità che un evento si verifichi in una determinata area) secondo i diversi criteri noti in letteratura.

                In particolare si prevede di adottare il criterio della indicizzazione degli effetti (ad es. valutare la percentuale di area in frana associata a una certa litologia), e quello della indicizzazione delle cause (parametrizzazione e peso dei diversi fattori); un modo per valutare la pericolosità spaziale è fornito dalle carte della suscettività al dissesto realizzate attraverso una quantificazione numerica delle cause utilizzando tabelle come quella riportata in allegato 1. Su tale base è in corso, ad esempio, la compilazione delle carte dei bacini del Sori e del Recco.

                Il passo successivo consisterà nella definizione della pericolosità temporale (probabilità che un evento si verifichi in un dato periodo di tempo o con una certa frequenza) sulla base di una stima empirica, dato che nonostante la mole di notizie contenute nella base-dati, essa costituisce ancora una serie temporale storica tale da non coprire una porzione rilevante di tempo sulla cui base poter eseguire un’analisi statistica completa. La stima perciò potrà essere eseguita considerando sia qualitativamente la ricorrenza degli effetti, sia soprattutto quella delle cause innescanti come le precipitazioni di cui si possiedono serie temporali storiche cospicue e sufficientemente distribuite nello spazio.  Per particolari situazioni associate a vulnerabilità economicamente elevate sarà opportuno un monitoraggio diretto, tramite strumentazione, di alcuni parametri critici come le pressioni neutre, la morfologia del versante, le proprietà dei terreni, i carichi applicati e la velocità del movimento.

                Una valutazione dell’intensità dei fenomeni è possibile per le esondazioni associando un valore di portata al colmo della piena, mentre per i fenomeni franosi si darà una valutazione dell’energia in gioco sulla base delle dimensioni e della stima della velocità.

                La pericolosità tipologica verrà derivata direttamente dalla colonna della base-dati riservata alla classificazione del tipo di dissesto (ad esempio la classificazione di Cruden e Varnes, 1994).

                L’evoluzione dell’evento andrà prevista rispetto alla sua distanza di propagazione, ai limiti di retrogressione ed alla sua possibile espansione laterale. Andrà perciò definito un bacino di pericolosità, soprattutto sulla base degli elementi tipologici cui precedentemente si è accennato.

                Una sistesi delle informazioni disponibili, ottenuta sulla base di tecniche probabilistiche, come proposto ad es. da Einstein (1988), consentirà di definire in maniera completa la pericolosità.

                Una volta definità la pericolosità idrogeologica del territorio, si passerà ad analizzare gli elementi a rischio ed il relativo valore economico totale. Occorrerà tenere conto in particolare del numero di abitanti, della loro età media, del reddito medio, del numero di edifici, del loro costo medio, del costo di strutture e infrastrutture e del costo delle modificazioni geomorfologiche.

                La Vulnerabilità sarà infine la probabilità che un certo danno ad un elemento si verifichi, dato un determinato evento. Si distinguerà in particolare la vulnerabilità della vita umana, da quella di beni ed attività.

                Nella valutazione del rischio, da ultimo, verrànno definite alcune soglie limite al di sotto delle quale stabilire diversi gradi di accettabilità: alto-medio-basso (vedi esempio in allegato 2). In base a queste il territorio verrà zonizzato per passare alla fase di gestione del rischio. In questo senso l’esempio più completo è rappresentato dai piani di esposizione al rischio (PER) che in Francia sono una parte integrante dei documenti di pianificazione urbanistica e regolano l’uso del territorio a livello di piani regolatori comunali. Tramite i PER possono essere programmati, ad esempio, interventi quali l’aumento delle soglie di rischio accettabile attraverso l’informazione, la mitigazione del rischio, la riduzione della pericolosità, la riduzione degli elementi a rischio e la riduzione della vulnerabilità.

 

 

                Questa sintesi è stata redatta a cura dei geologi: Dott. Falcioni C., Dott. Ferrando M., Dott. Oneto A., Dott. Tomaselli A.

 

 

Esempio: vedi allegati

 

 

Note bibliografiche:

 

Canuti P. & Casagli N., 1994. Considerazioni sulla valutazione del rischio di frana. Atti del convegno Fenomeni franosi e centri abitati, CNR-GNDCI, preprint, 58 pp.

 

Cruden D.M. & Varnes D.J., 1994. Landslides Types and Processes. In Landslides: Investigation and Mitigation. Transportatio Research Board. National Academy of Science.

 

Einstein H.H., 1988. Special Lecture: Landslide risk assesment procedure. Proc. 5th Int. Symp. on Landslides, Lausanne, 2, 1075-1090.

 

Panizza M., 1988. Geomorfologia applicata. La Nuova Italia Scientifica, 341 pp.

 

 

 

 

 

21/11/96

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato 2: Schema di Mappa del Rischio derivante dall’incrocio di due mappe: pericolosità spaziale (suscettività al dissesto) ed elementi a rischio (uso del suolo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                Schema di mappa di pericolosità spaziale                              Schema di mappa degli elementi a rischio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schema di mappa del Rischio

 

 

Pericolosità alta

Pericolosità media

Pericolosità bassa

Elementimolti

Elementimedi

Elementi pochi

Rischio alto

Rischio medio

Rischio basso

 

 

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